Elisabetta Consonni

Partendo dai due lavori all’attivo Be water my friend e Ti voglio un bene pubblico, l’uno che affronta in maniera installativa il problema geopolitico inerente alla risorsa dell’acqua e l’altro, in linea con una ricerca portata avanti da anni, sulla relazione tra performativita’ e spazio pubblico, il quesito piu’ ampio che mi interessa ffrontare riguarda la relazione tra la pratica artistica e la pratica politica.

Come un aspetto politico viene indagato nel trasformarsi in prodotto artistico? Quanto di politico devo far rientrare nel processo di creazione?
Posso sperare in un impatto sociale e considerare il lavoro artistico come detonatore di cambiamento sociale?
Perche’ mi interessa tanto la questione arte-politica?

Il tempo dedicato a ricerca X diventerebbe quindi una sospensione dal tempo produttivo, per riflettere sulla piega che la mia pratica artistica ha preso negli ultimi anni, senza una necessita’ di cristallizzare il tutto in categorie ma almeno mettendone a fuoco certi aspetti.

bio

Coreografa tutto. Essere umani e disumani. Oggetti mobili e immobili. Interruttori, carrelli della spesa ed emozioni. Laureata in Scienze della Comunicazione con una tesi sulla costruzione sociale del corpo nella danza, frequenta The Place – London Contemporary Dance School (2004-2005) e approfondisce indipendentemente la ricerca in ambito performativo in Olanda (2005-2009) e in Polonia (2013-2015). I suoi lavori Maquillage (2007), Fotoritocco (2012) Plutone (2016), And the colored girls say: doo da doo da doo da doo (2018) e Be water my friend (in corso) si situano nello spazio di dialogo tra la danza e altri linguaggi artistici. Dal 2013 e’ ideatrice di Ergonomica un progetto di ricerca che indaga la relazione tra danza e architettura per lo sviluppo di strategie di attivazione della partecipazione nella rigenerazione urbana. All’interno del progetto realizza le azioni site specific We want to become architecture e Go with the flow ( Polonia, 2014), la costruzione coreografata di Pompenpurg Park (Rotterdam, Biennale di Architettura 2014), Il secondo Paradosso di Zenone (Milano, 2016), Abbastanza Spazio per la più tenera delle attenzioni (progetto per la Biennale Danza 2016), Ti voglio un bene publico (in corso)e la conferenza teorica Spazio Ergonomico (sempre nell’ambito di Biennale Danza 2016). Collabora con vari artisti e realtà culturali tra cui: Gianluca Fratantonio , Raoul de Jong , Cristina Pancini, Adriano Cancellieri, Connecting Cultures, Virgilio Sieni, Aftab Darvishi , ZUS-studio d’architettura. Si costruisce artigianalmente ostacoli e per sorpassarli si fa delle danzette. Negli anni ha maturato una certa intolleranza al finire, diventando autentica fan dei processi più che dei prodotti.